– Articolo di Fiorenzo Festi, Professore ordinario di diritto privato –

La disciplina codicistica dell’invalidità è ancora attuale dopo ottanta anni?

1.- La suddivisione manualistica è la seguente: all’interno della categoria ampia degli atti che non producono effetti (inefficacia in senso ampio) si individuano le sottocategorie della invalidità e dell’inefficacia in senso stretto (in passato denominata anche inutilità). All’interno dell’invalidità si distinguono poi le specie della nullità e dell’annullabilità.

Questa suddivisione trova riscontro, solo in parte, nel codice del 1942.

La nullità è regolata nel capo XI, tit. II, libro IV (artt. 1418 ss.), mentre la annullabilità nel capo XII dello stesso titolo (artt. 1425 ss.).

Non è stata prevista, invece, una disciplina generale dell’inefficacia in senso stretto, vale a dire di quella categoria nella quale gli interpreti sono soliti inquadrare le ipotesi in cui il contratto non produce effetti, ancorché non sia nullo o annullabile.

La ragione di questa carenza di disciplina generale va probabilmente individuata nella necessità del legislatore di attribuire a ciascuna di queste ipotesi di inefficacia diverse dall’invalidità (contratto sotto condizione; contratto risolto; contratto revocato; ecc.) regole specifiche, rendendo così ardua la dettatura di una regolamentazione omnicomprensiva.

2.- La attuale disciplina delle categorie della nullità e dell’annullabilità costituisce il risultato di un lungo percorso storico.

Nel diritto romano, contraddistinto da un atteggiamento di carattere empirico, non veniva utilizzato il concetto di negozio giuridico, tanto meno erano state elaborate le categorie della nullità e dell’annullabilità. Tuttavia, in mezzo alle diverse ipotesi di situazioni in cui un atto giuridico non era idoneo a produrre i suoi effetti si poteva già allora individuare una distinzione tra una nullità ipso iure, comminata agli atti invalidi secondo lo ius civile, ed una invalidità ope exceptionis, introdotta dai pretori per consentire di impugnare atti che, pur legittimi secondo il diritto civile, risultavano palesemente iniqui.

Nel code Napoléon e nel codice del 1865 non si trova la distinzione: i termini nullità ed annullamento vengono spesso usati come sinonimi (come del resto avviene nella lingua comune, in cui la nullità rappresenta il punto di vista statico e l’annullamento il punto di vista dinamico dello stesso fenomeno).

La dottrina francese dell’epoca distingueva tra nullità assoluta e relativa a seconda dell’interesse pubblico o privato sotteso.

È con la pandettistica che inizia l’elaborazione delle figure nei termini in cui le conosciamo oggi.

L’elaborazione giunge a compimento ad opera della dottrina italiana di inizio ‘900 e veniva infine recepita dal codice vigente.

3.- Le due figure sono, a prima vista, opposte in modo speculare: a) legittimazione: assoluta la nullità, relativa la annullabilità (cfr. artt. 1421 e 1441); b) prescrizione: una imprescrittibile, l’altra soggetta a prescrizione (cfr. artt. 1422 e 1442); c) sanabilità: una insanabile, l’altra passibile di convalida (cfr. artt. 1423 e 1444).

La distinzione, tuttavia, non è rigida: gli artt. 1421 e 1423 ammettono la possibilità di nullità relative e/o sanabili, nel caso in cui la legge così disponga.

4.- Qual è la portata normativa di questi precetti?

Non certo quella di autorizzare il legislatore a prevedere ipotesi di nullità relative o sanabili. Il codice civile è, infatti, una legge ordinaria, la quale, come tale, non avrebbe comunque potuto impedire, anche in assenza degli incisi permissivi contenuti negli artt. 1421 e 1423, che il futuro legislatore ordinario derogasse ai principi della nullità assoluta e non sanabile.

La portata dovrebbe essere la seguente: se il codice civile assegna a un particolare patto privato lo stigma della nullità, senza specificare deroghe alla disciplina generale, dovrebbe trattarsi di nullità assoluta, insanabile e, ovviamente, imprescrittibile. Sorte analoga, in senso opposto, se il codice classifica un’ipotesi come annullabilità.

La conclusione appare scontata, ma la dottrina pare pensarla diversamente: nonostante l’art. 1352 c.c. faccia evidente riferimento alla nullità per carenza di forma ad substantiam, senza esplicitare deroghe di sorta, Betti e Scognamiglio – osservando gli interessi in gioco – sostengono si tratti di nullità relativa.

La tesi ha un suo fondamento, in quanto non si comprende che senso possa avere attribuire al giudice il potere di rilevare d’ufficio una nullità discendente da una lex privata posta nel mero interesse disponibile delle parti.

5.- Certamente, gli artt. 1421 ss. non possono vincolare il legislatore ordinario successivo al 1942 e neppure l’interprete di queste ultime leggi. Niente, infatti, vieta che il legislatore successivo possa qualificare il vizio di un patto come nullità sottoponendo questa nullità a una disciplina diversa da quella codicistica, così come nulla impedisce all’interprete di ipotizzare una diversa disciplina come sottesa a una norma che si limiti a parlare di nullità o di annullabilità senza dettare una regolamentazione specifica.

Certo, si può argomentare che, se il legislatore successivo al c.c. parli di nullità tout court, abbia inteso richiamare in blocco la disciplina codicistica senza deroghe, ma si può anche ragionare diversamente, sulla base degli interessi coinvolti.

E, infatti, è avvenuto che il legislatore successivo abbia denominato un patto viziato come nullo, ma abbia anche dettato una disciplina diversa da quella di cui agli artt. 1421 ss., differente sia dalla regolamentazione “naturale”, sia dalla regolamentazione indicata come risultato di possibile deroga. La nullità prevista dall’art. 36, comma III, cod. consumo non è, invero, né assoluta né relativa: qualora venga sollevata dal consumatore, non può essere dichiarata dal giudice qualora si ritorca a svantaggio del consumatore stesso, e può comunque essere rilevata d’ufficio, così consentendo l’allegazione della stessa sia al consumatore sia al professionista.

6.- Le regole del c.c. hanno invece portata certamente vincolante, con riferimento alle leggi posteriori, in tema di prescrizione. In altre parole, se una norma successiva al 1942 istituisca una nullità o un’annullabilità, la prima sarà certamente imprescrittibile e la seconda sarà sicuramente soggetta al termine quinquennale, salvo che la nuova legge non vi deroghi espressamente.

Ciò, non perché gli artt. 1422 e 1442, differentemente dagli artt. 1421 e 1423, non prevedano possibilità di deroga, quanto perché la disciplina della prescrizione è integralmente contenuta nello stesso codice civile (art. 2934 ss.) e perché le norme in tema di prescrizione sono di stretta interpretazione. Trattandosi, invero, di un istituto volto a conferire certezza ai rapporti tra privati, gli interpreti evitano, correttamente, di creare dubbi sul piano ermeneutico e applicativo.

7.- Poiché non esiste una disciplina specifica dell’inefficacia in senso stretto e dal momento che il termine inefficacia può essere inteso anche in senso ampio, qualora il legislatore utilizzi tale espressione o espressioni similari come, ad esempio, quando dice che il tal patto “non ha effetti”, gli interpreti si interrogano circa la qualificazione del vizio.

Generalmente, fatti salvi i casi in cui la legge preveda la mancanza di effetti solo a seguito di un atto di “impugnazione”, la scelta è solo tra nullità e inefficacia in senso stretto, in quanto l’annullabilità prevede per l’appunto un’impugnativa per far divenire invalido il patto.

Si propende per la nullità quando la mancanza di effetti sia dovuta all’inosservanza di precetti dettati nell’interesse generale o di una determinata categoria di soggetti (nullità di protezione), mentre si opta per l’inefficacia in senso stretto qualora gli interessi in gioco siano disponibili o qualora l’inefficacia sia facilmente emendabile.

Differentemente dalla nullità, che ha una sua disciplina, la qualifica come inefficacia in senso stretto non fornisce automaticamente l’indicazione circa le regole operative e gli interpreti, per colmare le lacune normative, utilizzano all’uopo le disposizione dettate per il contratto sotto condizione (art. 1353 ss. c.c.), in quanto compatibili.

8.- In definitiva, la disciplina dell’invalidità contenuta nel codice civile avrebbe potuto risultare velleitaria, non essendo certo in grado di evitare (arg. ex art. 15 Preleggi c.c.) che il legislatore successivo creasse altre figure di inefficienza dei patti privati, chiamandole in modo diverso e dettando discipline dissonanti con il codice stesso. A loro volta queste nuove figure avrebbero potuto assurgere a categorie generali, soppiantando in toto quelle codicistiche.

Ciò non è avvenuto o meglio è accaduto solo in minima parte, nella misura in cui la discutibile1 disciplina dell’art. 36, comma III, cod. cons. è stata presa come modello della nullità di protezione.

Per il resto, le invalidità del codice, nonostante siano trascorsi ottanta anni dalla sua entrata in vigore, hanno mantenuto il ruolo di riferimento.

La ragione di ciò è che il codice civile è una legge ordinaria come tutte le altre solo formalmente. Nella sostanza, invece, riveste un rilievo superiore, dovuto a numerosi fattori: il peso della tradizione, il rigore del suo testo, la sua organicità e completezza, la sua struttura sistematica ecc.

Infine, il fatto che, nonostante la sua redazione in pieno periodo fascista, possiede un’ispirazione per larghi tratti liberale.

Ma questa è un’altra storia.

Fiorenzo Festi

__________

1 La disciplina di cui all’art. 36, comma III, è criticabile. Sarebbe preferibile, al fine di proteggere determinate categorie di soggetti, prevedere una semplice nullità relativa, cioè una nullità che può essere fatta valere solo dal soggetto protetto. Invece, limitare la declaratoria di nullità al vantaggio del consumatore e attribuire al giudice il potere di rilevarla d’ufficio sembra presupporre l’incapacità del consumatore e del suo avvocato di decidere se far valere la nullità stessa e attribuire una funzione taumaturgica al giudice.

Di Festi Fiorenzo

Avvocato in Modena. Professore ordinario di diritto privato.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.